mercoledì 29 ottobre 2008

Arpino – L’Acropoli di Civitas Vetus


Dopo aver superato l’abitato di Arpino, la nobile cittadina del Frusinate nota per aver dato i natali a Cicerone, Caio Mario e Marco Vipsanio Agrippa, seguendo le indicazioni per l’Acropoli, a circa 3 chilometri, si arriva alla Civitas Vetus.
Il piccolo centro è chiuso da un’imponente cinta di mura poligonali, risalenti al VI secolo a.C. e in gran parte ancora integre.
La porta principale d’ingresso all’Acropoli è lo splendido e famoso “arco a sesto acuto”.
E’ molto particolare: alto più di 4 metri, è formato da una serie di blocchi tagliati obliquamente verso l’interno, monoliti connessi a secco, sovrapposti e convergenti verso l’alto, a seguire un profilo ogivale.
A breve distanza dall’ingresso si trova una chiesetta del settecento, la chiesa della SS Trinità e, poco oltre, la cosiddetta Torre di Cicerone.
In realtà l’attribuzione di alcuni resti alle proprietà della famiglia dell’oratore Arpinate, non ha trovato conferma.
Il piccolo centro, che manca di un punto di ristoro, è scarsamente abitato ed è molto gradevole da visitare, inoltre, con una passeggiata panoramica sulla cinta muraria, si possono osservare le torrette e i vari resti che ne testimoniano la storia e la leggenda.

Visita nel precedente weekend, con itinerario: Casamari - Isola del Liri - Arpino, Acropoli

© Anna righeblu ideeweekend

Itinerari Lazio: Veroli - Abbazia Casamari - Chiostro Casamari - Isola del Liri, la cascata grande - Civitas vetus di Arpino

mercoledì 22 ottobre 2008

L’Abbazia di Casamari


Durante lo scorso weekend ho fatto di nuovo un giro nella zona del frusinate e, nella giornata di domenica, mi sono recata all’Abbazia di Casamari.
Il complesso, situato nel territorio di Veroli, in provincia di Frosinone, fu eretto sulle rovine di Cereatae Marianae, antico municipio dedicato alla dea Cerere e al console Caio Mario, che qui nacque e visse nella sua giovinezza (Casamari sta per “casa di Mario”).
L’Abbazia fu edificata da monaci benedettini, nel secolo XI e, in seguito, fu incorporata all’Ordine Cistercense.
Dopo varie vicissitudini, attualmente in essa vive una comunità di circa 20 monaci cistercensi. Il complesso è formato da una serie di edifici, stilisticamente molto semplici e austeri, privi di decorazioni e ornamenti.
L’ingresso è costituito da un ampio arco, sormontato da un loggiato con quattro bifore. Dall’androne interno si inquadrano due archi che immettono nell’ampio cortile dove, a sinistra si trova l’elegante, austera facciata della chiesa e, a destra, un vialetto che conduce al giardino.
A destra si trova l’antica farmacia, aperta solo nei giorni feriali come la biblioteca.
Dal giardino, attraverso una elegante scalinata, si arriva al magnifico chiostro, vero centro della vita monastica e di tutto l’edificio. Qui i monaci trascorrono il tempo della meditazione, nella lettura e nel silenzio.
E’ circondato, sui quattro lati, da portici e, su ciascuno di essi, si aprono quattro bifore con colonnine diverse.

Nel lato sud, in uno dei capitelli, sono rappresentati i volti di Federico II, Pier delle Vigne e dell’allora abate di Casamari.
Molto belle sono l’aula Capitolare e la Chiesa, a croce latina, in tre navate.
L’ambiente, grandioso e austero, è illuminato dall’effetto della luce naturale che filtra attraverso le lastre di alabastro delle finestre. L’altare è sormontato da una tribuna in marmi policromi, in contrasto con lo stile severo della chiesa, e che fu donata da Papa Clemente XI. Nelle vecchie sale di lavoro dei monaci, è stato allestito un museo, piccolo ma con reperti interessanti, che vale la pena visitare: ingresso 1 euro.
E’ mia intenzione tornare, in un giorno non festivo, per visitare la biblioteca e la farmacia e per rivedere con calma particolari che mi sono sfuggiti.


Anna righeblu ideeweekend

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mercoledì 15 ottobre 2008

Camaldoli, Toscana

[foresta casentinese - foto Senigallia e dintorni#2, da Flickr]

La prima cosa che colpisce, lungo la strada che porta a Camaldoli, è la fitta foresta casentinese, con i suoi maestosi e altissimi abeti secolari, interrotta solo da grandi fasci di luce.
Su queste terre, donate a San Romualdo dal conte Maldolo di Arezzo - da cui deriva il nome Ca’ Maldoli - il monaco costruì nella zona alta della montagna, le prime celle dell’eremo.
Le strutture del complesso, oltre il Sacro Eremo e il Monastero, comprendono anche la farmacia
e l’antica Foresteria, posti nella parte più bassa.
I pochi monaci rimasti, pur conducendo una vita basata sulla stessa regola, seguono stili di vita diversi: nell’eremo si pratica prevalentemente il raccoglimento personale e nel monastero si svolgono, per lo più, le attività in comune.
[Eremo di Camaldoli - di Cyberpiero, da Flickr]

Nell’Eremo si può ammirare la bella chiesa del Salvatore, settecentesca e barocca, i cui interni sono decorati con pregevoli pitture e stucchi.
Dal cortile si può raggiungere la zona riservata, dove si trovano le particolari celle dei monaci.
Queste sono state costruite secondo uno schema a chiocciola che, per la dislocazione degli ambienti, tende ad impedire la dispersione di calore all’esterno.
A tale schema si può attribuire anche un senso simbolico, quello della rappresentazione del percorso interiore nella meditazione.
Nell’antica farmacia è possibile ammirare i rivestimenti e i soffitti lignei, gli antichi arredi con armadi, vetrine e massicce porte. Qui sono commercializzate diverse categorie di prodotti naturali, ottenuti con metodi artigianali di lavorazione.
Nella foresteria del complesso monastico, e in altre strutture di tipo colonico, sono praticate diverse forme di ospitalità.
Tali proposte raccolgono sempre maggiori consensi , proprio tra coloro che desiderano trascorrere periodi di vacanza-weekend e relax, in assoluto riposo e raccoglimento, in una cornice naturale molto interessante.
[Camaldoli - di Kiala_love, da Flickr]

E’ possibile reperire informazioni dettagliate negli appositi siti.

La mia visita a Camaldoli risale ad alcuni anni fa, le foto sono state prese da Flickr.

Anna righeblu ideeweekend

martedì 7 ottobre 2008

L’ex convento di Santa Chiara a Sarteano

E’ un edificio risalente al 1550 circa e apparteneva alle suore di clausura dell’Ordine delle Clarisse.
Come Convento, secondo le regole del tempo, non comprendeva il chiostro chiuso.
Dopo l’abolizione della clausura, fu utilizzato dal Comune come sede delle Scuole Elementari e, successivamente, fu venduto a privati.
I nuovi proprietari l'hanno restaurato e trasformato in struttura ricettiva, molto accogliente e particolarmente affascinante.
Vi rimando al sito per tutte le informazioni.
Le foto sono state scattate nel weekend 6-7 Settembre.

Ringrazio Martin per avermi messo a disposizione una delle sue macchine fotografiche (io l'avevo dimenticata a Roma), e vi suggerisco di andare a vedere le sue bellissime foto, QUI… .

Anna righeblu ideeweekend
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